Negli ultimi anni, sempre più frequentemente si è sentito parlare di Voluntary disclosure. Tale termine indica l’atto di autodenuncia di un contribuente per segnalare i patrimoni detenuti all’estero e illecitamente.
Per essere più chiari, l’Agenzia delle Entrate con la Voluntary disclosure sta dando a tutti i contribuenti, che in passato non hanno adempiuto ai loro doveri fiscali, la possibilità di regolarizzare la propria posizione.
Trattasi di un argomento ampio e cavilloso che necessita di un dettagliato approfondimento.
Che cos’è la Voluntary Disclosure
Entrando nel merito del discorso, ecco quanto riportato dal sito ufficiale dell’Agenzia delle Entrate: La “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure) è uno strumento che consente ai contribuenti che detengono illecitamente patrimoni all’estero di regolarizzare la propria posizione denunciando spontaneamente all’Amministrazione finanziaria la violazione degli obblighi di monitoraggio.
Quest’atto di autodenuncia, che è volto a stabilire una chiara collaborazione tra i contribuenti e l’amministrazione fiscale, è aperto sia ai detentori diretti dei patrimoni all’estero che ai terzi che hanno partecipato all’attività illecita. Il direttore amministrativo dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, afferma che il Voluntary Disclosure rappresenta una svolta rivoluzionaria per l’intero apparato fiscale italiano.
Tale disegno è stato introdotto per la prima volta nel 2015 con la legge numero 186 del 2014. Tuttavia, tra il 2015 e il 2016 ha subito delle modifiche, le quali hanno condotto nel 2017 all’emanazione della Voluntary Disclosure Bis.
Innanzitutto occorre chiarire che l’atto di autodenuncia si differenzia a seconda dei casi e dei soggetti, per cui vi sono due tipologie di Voluntary Disclosure: la Voluntary Disclosure internazionale e la Voluntary Disclosure nazionale.
I benefici apportati dalla Voluntary Disclosure
Come previsto dalla legge del 2014, l’autodenuncia consentiva di ottenere vantaggi notevoli come: sconti sostanziosi sulle sanzioni amministrative; l’esclusione dalla responsabilità penale dei reati tributari (Decreto legislativo numero 74 del 10 marzo 2000 articoli 2, 3, 4, 5, 10 bis e 10 ter). Inoltre, l’attivazione della Voluntary Disclosure prevedeva anche l’immediata cancellazione degli articoli:
Tuttavia, come già accennato nel paragrafo precedente, nel corso del biennio 2015-2016, il disegno di legge che proponeva la Voluntary Disclosure, è stato soggetto a delle variazioni che hanno portato alla nascita del Voluntary disclosure bis.
La differenza tra i due disegni di legge sta nella residenza dei soggetti considerati. Se la Voluntary Disclosure era destinata ai soggetti e agli enti residenti sia all’estero che in Italia, la Voluntary Disclosure bis riguarda solo ed esclusivamente coloro che risiedono fiscalmente in Italia, oppure che sono tornati in Italia dopo un periodo in cui hanno lavorato all’estero (inseriti nell’elenco AIRE – Anagrafe Italiani Residenti all’Estero).
Per presentare la richiesta di Voluntary Disclosure potrai contattarci ed i nostri esperti sapranno assisterti in ogni fase
L’Agenzia delle Entrate, per i contribuenti che si sono avvalsi della procedura Voluntary Disclosure bis, ha previsto due modalità di pagamento: in un’unica soluzione, oppure in tre rate. È facile comprendere che in entrambi i casi, se i tempi di pagamento pattuiti non venissero rispettati da parte dei contribuenti, l’Agenzia delle Entrate avrebbe provveduto con delle multe molto salate.
Giunti a questo punto, compreso che cos’è la Voluntary Disclosure e quali sono gli obiettivi a cui essa mira, è opportuno elencare anche quelle che sono le sanzioni a cui i contribuenti vanno incontro nel momento in cui non dichiarano i propri patrimoni. L’Agenzia delle Entrate attraverso il proprio sito rende note le sanzioni previste in caso di violazione di monitoraggio fiscale: