Il trust successorio è un istituto che realizza un fenomeno di separazione patrimoniale, per cui alcuni beni, affidati alla gestione e all’amministrazione di un professionista specializzato (detto “trustee”), vengono tenuti distinti rispetto al resto del patrimonio del disponente (detto “settlor”) e sottratti alla garanzia patrimoniale generica di cui all’articolo 2740 del codice civile. In altri termini, il trust si risolve in un’operazione che generalmente coinvolge tre soggetti: il disponente, che trasferisce la totalità o una parte dei propri beni al trustee, il quale si impegna ad amministrarli nell’interesse di un soggetto terzo (detto “beneficiary”), con l’ulteriore obbligo di trasferirli a quest’ultimo in base alle disposizioni del trust.
I creditori personali del disponente e del gestore non possono aggredire i beni del trust, nei confronti dei quali possono avanzare pretese esclusivamente i creditori e gli aventi causa del trust.
Il trust, inoltre, viene utilizzato per gestire il passaggio generazionale di un’azienda o della ricchezza del disponente o, ancora, per realizzare operazioni commerciali salvaguardando particolari asset.
Il trust è uno strumento che si presta a soddisfare le più svariate esigenze a livello economico e patrimoniale, per cui si adatta a vari ambiti, tra cui quello aziendale, familiare e successorio.
In quest’ultimo campo, il trust ha registrato un ampio utilizzo in alternativa alle tradizionali disposizioni testamentarie, in quanto consente di effettuare il passaggio generazionale del patrimonio del de cuius (disponente), realizzando al contempo altre esigenze, come la tutela dei soggetti deboli o vulnerabili (si pensi ai figli minori, interdetti o inabilitati).
Il trust successorio incontra, anzitutto, un limite importante nella disciplina prevista all’interno del codice civile in materia di successioni. In particolare, le disposizioni fiduciarie debbono rispettare la quota di eredità riservata ai legittimari, per tali intendendosi il coniuge, i figli e, in mancanza di questi, gli ascendenti del defunto.
Il trust, secondo la legge italiana, può essere istituito sia con atto inter vivos che con atto mortis causa. In altre parole, nel nostro ordinamento vengono recepite le due figure di trust successorio e trust testamentario: nello specifico, il primo è istituito con atto inter vivos e produce i suoi effetti anche prima della morte del disponente; il secondo, invece, è istituito con atto mortis causa e produce i suoi effetti post-mortem.
Nel caso di trust testamentario, il de cuius (disponente), attraverso una specifica disposizione testamentaria, affida al trustee il compito di gestire il proprio patrimonio e di destinarlo successivamente ai beneficiari. Tramite il testamento, il de cuius (disponente) stabilisce quali saranno le modalità di trasmissione dell’asse ereditario ai beneficiari e può scegliere, ad esempio, se effettuare dei versamenti periodici o se assegnare ai beneficiari l’intero patrimonio al momento della cessazione del trust. Laddove il beneficiario o i beneficiari non siano eredi legittimari, occorre garantire il rispetto della quota di legittima in base a quanto stabilito dalla legge.
Il trust successorio, invece, è istituito quando il settlor è ancora in vita, ma il suo patrimonio verrà destinato e affidato al trustee solo al momento della sua morte. Si tratta, pertanto, di un atto inter vivos ma sottoposto a condizione sospensiva della morte del de cuius (disponente), in quanto gli effetti si realizzeranno soltanto a partire dal momento della sua morte. In questo caso, il trustee avrà il compito di dare esecuzione alla volontà del disponente dopo il passaggio a miglior vita.
Ai fini della sua validità, il trust successorio deve rispettare determinati parametri individuati dalla legge, primo tra tutti il principio generale di personalità: l’atto deve essere personale e deve tendere alla tutela degli interessi del de cuius (disponente) per la fase post mortem. Inoltre, il contenuto del testamento deve essere certo e espresso con chiarezza, senza lasciare dubbi interpretativi. In più, come qualsiasi altra disposizione testamentaria, è revocabile.
La disciplina interna, inoltre, deve essere contemperata con quella internazionale, in quanto il trust è un istituto di derivazione anzitutto sovranazionale. La Convenzione dell’Aja, impone le cosiddette “tre certezze”: anzitutto, occorre che venga accertata la sussistenza della volontà inequivoca di istituire il trust, la determinatezza dei beni da conferire al trustee e l’esatta indicazione del beneficiario o dei beneficiari.
Le esigenze di certezza e di stabilità dei rapporti giuridici contemperano l’effetto di separazione patrimoniale che consegue all’atto istitutivo: i creditori del disponente vedono alcuni beni sottratti alla loro garanzia patrimoniale generica, per cui devono conoscere con esattezza la volontà del testatore e i beni specifici su cui non possono avanzare le loro pretese.
Il legislatore italiano, nella legge di ratifica della Convenzione internazionale istitutiva del trust, ha optato per l’introduzione di alcune eccezioni all’oggetto della disposizione testamentaria. Sebbene sia stabilito espressamente che i beni oggetto del trust debbano essere specificati e determinati all’interno dell’atto costitutivo, si ammette in ogni caso che la volontà del testatore possa essere inizialmente indeterminata e integrata successivamente da un soggetto terzo.
La regola generale della personalità del testamento viene pertanto derogata in tale eccezionale evenienza, al ricorrere in ogni caso di presupposti stringenti. Se le condizioni legali vengono violate, però, si ha nullità dell’atto costituito del trust.
Nel trust successorio, il trustee viene immesso nella proprietà e nella gestione dei beni mediante espressa accettazione, non in via automatica. Occorre, pertanto, una dichiarazione di volontà inequivocabile.
Al preciso fine di sollecitare una celere assunzione dell’incarico, la legge prevede che il disponente possa fissare un termine entro il quale il trustee debba accettare l’incarico. In mancanza di espressa adesione entro il termine prestabilito, il trustee può essere sostituito da un altro gestore. Tuttavia, tale forma di sostituzione non è riconducibile a quella ordinaria disciplinata ex artt. 688 c.c. e ss., ma è sottoposta al rispetto di una normativa ben più specifica, improntata a fini chiaramente anti-abusivi.
Il problema della mancata accettazione del trustee pone l’ulteriore questione della nomina giudiziale di un diverso trustee. La legge straniera e i principi internazionali, da questo punto di vista, ammettono questa possibilità, ma la norma interna non si pronuncia sulla questione. questo pone un problema di compatibilità tra norma interna e disciplina sovranazionale.
Per il trust successorio, l’orientamento maggioritario in dottrina e in giurisprudenza è quello che afferma la necessità di forma scritta ad substantiam, a pena di nullità, in quanto il trust è riconducibile alla categoria degli atti che impongono un vincolo di destinazione ex art. 2645 ter del codice civile.
Tuttavia, il tema è ancora ampiamente dibattuto, ma l’orientamento giurisprudenziale maggiortario ritiene che, soprattutto quando il trust successorio ha ad oggetto beni mobili o mobili registrati debba rivestire la forma scritta e debba essere trascritto, ai fini della pubblicità e della conoscibilità, nonchè dell’opponibilità ai soggetti terzi.